Appello agli elettori (e ai partiti) della Sinistra e del Centrosinistra italiani.

ll tema delle alleanze a sinistra si pone da sempre; ancora più negli ultimi anni ed è diventato rovente negli ultimi giorni dopo le elezioni in Liguria e in attesa delle elezioni in Umbria ed Emilia Romagna.

In più l’elezione di Donald Trump negli USA ha indubbiamente corroborato la posizione del nostro governo, insieme a  tutti quelli delle destre nel mondo.
In Italia ognuna delle potenziali componenti di un’alleanza delle sinistre si confronta/ scontra con le due opzioni massime: valorizzare il più possibile le proprie peculiarità o disporsi a vagliare insieme le ragioni delle altre.
Per varie motivazioni, alcuni hanno già scelto in modo apparentemente definitivo, privilegiando le proprie differenze e dando alla propria battaglia un senso identitario.
Altri hanno scelto in modo apparentemente altrettanto definitivo di caratterizzarsi come parte sinistra dello schieramento, unitario.  Modulando le parole d’ordine in modo opportuno per caratterizzarsi senza “rompere”.
La nostra Associazione, 99% – composita com’è – prova a rappresentare le istanze ed i malesseri dell’elettorato della Sinistra e del Centrosinistra che soffre dell’attuale egemonia politica – e dei costumi, delle Destre e guarda sempre alla Costituzione antifascista come garanzia di funzionalità democratica, ma anche come concreto progetto politico di crescita armoniosa della società italiana.
L’elettorato socialista e democratico e l’elettorato cristiano e sociale del nostro Paese soffrono dell’assenza di un progetto politico di coalizione che vada oltre l’idea di battere e neutralizzare politicamente le Destre e che si proponga come progetto di governo di un Paese desiderabile per tutti coloro che hanno scelto di vivere in Italia, di tutte le età, e di tutte le religioni, orientamenti sessuali e origini geografiche.
Un progetto politico di coalizione, elaborato e discusso dentro e fuori le stanze istituzionali, di cui si parli sia nei luoghi deputati della politica, sia in ogni luogo fisico o virtuale dove si incontrino le persone e che NON sia un programma elettorale pronto da votare, ma ne costituisca la premessa indispensabile.
Un progetto politico che affianchi le istanze di uguaglianza e di libertà di iniziativa, interpretandole alla luce dei problemi, delle esigenze e delle soluzioni che i tempi presenti ci mettono davanti come criticità o come risorse.
Senza dimenticare la guerra, che travestita da difesa, nasce invece da opposte volontà di egemonia globale, che si contrappongono in un gioco di provocazioni reciproche e non tengono in nessun conto la vita umana.
La nostra Costituzione ripudia la guerra. E noi la ripudiamo con Lei, senza se e senza ma: niente giustifica le violazioni del diritto internazionale e il disprezzo verso l’ONU, da chiunque siano perpetrati. I negoziati sono l’unica cura per gli antagonismi tra stati.
Noi di 99% riteniamo che senza un impegno nella direzione di un progetto condiviso sarà impossibile indurre a votare gli elettori che fino adesso si sono astenuti. Deve essere chiaro ad ogni cittadino che votando effettua una scelta reale, che avrà conseguenze significative per la propria vita e per quella dei suoi cari. Il voto perde significato e valore se destinato esclusivamente a decidere i rappresentanti istituzionali, se questi, pur eletti , non potranno  operare scelte innovative sul funzionamento della Repubblica: sulla protezione del lavoro e dei lavoratori; sul finanziamento dei servizi sociali fondamentali come la scuola, la sanità, l’assistenza ai bisogni delle persone e sulle conseguenti scelte fiscali. E noi vogliamo che la gente torni a votare.
Per questo chiediamo ai soggetti dello schieramento di Sinistra e di Centrosinistra  di avviare un confronto pubblico, proficuo e trasparente, per arrivare ad una piattaforma politica intorno a cui coalizzare persone e soggetti collettivi.
Siamo già in ritardo: non si doveva arrivare a questo punto.

Vi chiediamo di firmare questo appello e di condividerlo a chi potrebbe sottoscriverlo a sua volta.
QUI IL LINK:
https://www.change.org/p/appello-agli-elettori-e-ai-partiti-della-sinistra-e-del-centrosinistra-italiani

Che fare, adesso?

Quando le persone si muovono in gruppo tendono a a sentire stemperate le proprie responsabilità.
Chi ha detto che l’unione fa la forza ha dimenticato di aggiungere che buona parte di quella forza deriva dalla fiducia nel farla franca.
Chiunque voglia quindi evitare comportamenti indesiderati o indesiderabili dovrebbe aver cura di esaltare” la responsabilità individuale, ma per questo bisogna accettare di relazionarsi con gli individui consapevoli e spesso chi gestisce le comunità preferisce ridurre gli ostacoli alla propria azione e per cui predilige atteggiamenti gregari. In ambito politico, in cui si gestiscono collettività sociali, uno dei modi più efficaci per promuovere atteggiamenti gregari o per disincentivare assunzione individuale di responsabilità è la promozione di una scuola che prediliga l’addestramento e la trasmissione di tecniche e trascuri lo studio dei temi legati alle cause e al senso delle cose.
Da decenni si affida alla scuola la funzione di formare operatori e si disincentiva la formazione di persone autonome.

Fino a quando i meccanismi disposti per il funzionamento sociale, assicurano un accettabile soddisfacimento dei bisogni dei singoli, una società fatta di “persone semplici” rimane in stato di equilibrio. Pochi soggetti naturalmente autonomi vengono neutralizzati da meccanismi sociali inertizzanti.

Quando invece si attraversano fasi di crisi, in cui non si riesce a garantire il benessere diffuso, neanche in modo virtuale, manipolando le percezioni, allora la coesione sociale viene meno e a quel punto si aprono delle fasi dagli esiti imprevedibili: a quel punto si formano nuove aggregazioni interne alle classi dirigenti, o vecchi sodalizi propongono nuovi modi di perseguire il benessere dei singoli.

I personaggi che svolgono un ruolo da protagonista in situazioni di svolta sono detti demagoghi, parola ormai desueta, carica di senso negativo, che etimologicamente significa conduttori del Popolo.
In pratica il demagogo è la persona capace di sedurre il popolo e di portarlo in giro un po’ come il pifferaio di Hamelin induceva topi o bambini a seguirlo.

Quanto sta avvenendo alle democrazie può essere letto attraverso la lente della demagogia: le masse, deprivate di senso critico e sottoposte al grave stress derivante da un impoverimento generalizzato, vissuto come insopportabile, cercano una via d’uscita e accettano chi riesce a convincerle della bontà della propria proposta.

Dobbiamo interrogarci sulle cause della situazione presente e dobbiamo immaginare vie d’uscita alternative a quelle proposte dai demagoghi, più stabili e desiderabili negli esiti. Se fossimo stati più lungimiranti, avremmo potuto scegliere anche percorsi meno scabrosi, che evitassero il passaggio attraverso la notte della demagogia. Oggi dobbiamo mirare alla riduzione del danno in tutti i sensi, alla riduzione qualitativa del danno, alla riduzione quantitativa del danno e ancora dalla riduzione del tempo di esposizione al danno.

Non sono certo obiettivi facili, ma la definizione e la scelta di percorsi condivisi è un passaggio necessario e urgente. Sicuramente bisogna lavorare alla cura delle due criticità scatenanti: la diffusa sofferenza economica e la diffusa mancanza di strumenti di analisi della realtà.

Riteniamo che la politica debba lavorare in ogni modo possibile per curare queste due carenze e nell’attuale stato di cose, con le destre che controllano la sfera pubblica, deve iniziare a farlo senza poter contare sull’impiego delle istituzioni. La prima cura politica va indirizzata al corpo sociale, con le energie personali ed il tempo immediatamente disponibili a chi vuole veramente il cambiamento.

Disturberemo il manovratore.

La Costituzione repubblicana approvata dalla Costituente ed entrata in vigore nel 1948 è il risultato travagliato di una difficile sintesi , un equilibrio tra diverse culture italiane quella cattolica, quella liberale quella socialista e quella qualunquista, la quale fu un po’ il modo in cui quegli italiani, che avevano appoggiato il fascismo da posizioni defilate, erano rappresentati nella Costituente.

Un equilibrio fragile e destinato a subire attacchi continui non appena le condizioni si fossero modificate.

Certo è che se nei settantacinque anni di vigenza della Costituzione l’attenzione spesa per la sua riforma fosse stata impiegata per la sua applicazione, l’Italia oggi sarebbe un paese diverso.

Appare evidente che le modifiche della Costituzione apportate nel tempo l’abbiano resa meno coerente, meno leggibile e meno efficace rispetto agli obiettivi che si proponeva: una società in cui la politica si esprimesse non solo negli organismi istituzionali, ma anche nella partecipazione negli organismi intermedi. Una società in cui l’indifferenza, che tanti danni aveva creato nei decenni precedenti la seconda guerra mondiale fosse sostituita dalla partecipazione dei cittadini.

I tentativi di modifica della Costituzione – e soprattutto gli ultimi – sono stati tesi a ridurre il controllo parlamentare sul governo e a riduzione le occasioni di partecipazione popolare.

Tutto questo si inserisce nel flusso coerente che ha prodotto la legge sulla regolamentazione – affievolimento del diritto di sciopero e, soprattutto, la riforma del sistema elettorale in senso maggioritario.

La nostra Costituzione In effetti ha un bug: la divisione dei poteri prevista dall’ideologia illuministico liberale è resa in modo imperfetto: il Parlamento ha una funzione sovraordinata rispetto agli altri organi costituzionali, con fortissime attribuzioni di controllo sia sul potere esecutivo sia su quello giudiziario.

Questo perché il Parlamento, eletto direttamente sarebbe l’attuatore della sovranità che, recita l’art. 1, “appartiene al Popolo”. Ma questa impostazione funzionava fino alla riforma del sistema elettorale in senso maggioritario Eletto col sistema proporzionale il Parlamento era una rappresentazione fedele degli orientamenti popolari.

Il Parlamento eletto con il maggioritario, invece, istituisce un’immedesimazione tra volontà parlamentare e volontà del governo tanto forte da sostanziarsi in una liberazione del Governo dal controllo parlamentare, anzi nella trasformazione del Parlamento in una cassa di risonanza della volontà della maggioranza di governo, oltre che di un ammortizzatore capace di catalizzare su di sé la responsabilità delle scelte governative.

L’unica criticità in questo asservimento del parlamento al governo fino adesso è stata costituita dal meccanismo di elezione del Senato della Repubblica, che essendo effettuata per Costituzione su base regionale non garantisce una maggioranza uguale a quella della Camera, eletta su base nazionale. Infatti in tutte le legislature dal ’94 in poi le preoccupazioni dei governi si sono sempre focalizzate sul Senato in cui le maggioranze erano meno stabili e più risicate.

A questo punto coi partiti alleggeriti dalle ramificazioni territoriali e la rappresentanza parlamentare allontanata dai territori anche per la riduzione del numero dei parlamentari il governo è già arbitro mal controllato del gioco politico.

Per metterlo al riparo da scossoni e assolutamente fuori controllo serve soltanto depotenziare la Presidenza della Repubblica e sterilizzare la possibilità che il Parlamento tolga la fiducia.
Se entrasse in vigore la proposta di revisione costituzionale del governo Meloni, il Premier verrebbe eletto insieme al Parlamento (votato con la stessa scheda – come già i sindaci) ed i partiti che gli sono collegati otterrebbero il 55% dei seggi, anche se alle urne non avessero la maggioranza assoluta.

A questo punto, superando la sensazione di deja vu nel Ventennio, viene spontanea una domanda: con un architettura siffatta, quanto conta la volontà di un cittadino?

Basta guardare a quello che hanno prodotto i governi “stabili”: peggioramento delle pensioni, partecipazioni a guerre non volute dalla maggioranza dei cittadini, mancata lotta all’inflazione, mancata cura del territorio e contemporanei tentativi di mettere in cantiere opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto di Messina. E tutto questo senza il rischio di essere ‘mandati a casa”.

Con la riforma Meloni si eliminerebbe anche la pallida possibilità che di fronte ad un disastro conclamato i parlamentari sfiducino il governo, inducendo il Presidente della Repubblica a nominare un altro Presidente del Consiglio.

È quello che vogliono gli italiani?

Se questa maggioranza approvasse questa revisione della Costituzione, lo vedremo al referendum.
Noi voteremo NO.

Lettera dall’Italia

(Version française après le texte en italien)

Cari amici della Nuova Unione Popolare Ecologista e Sociale (NUPES),

anche da questo versante delle Alpi seguiamo con attenzione, interesse, e un pizzico di ammirazione la vostra azione durante questa campagna elettorale per le elezioni legislative francesi.

Immaginiamo senza difficoltà quanto il vostro percorso, ed in particolare quello di Jean-Luc Mélenchon, debba essere stato difficile. Rari sono i politici (e le persone in generale) che mettono a rischio la propria carriera ed il loro comfort per seguire le proprie convinzioni. È quello che Jean-Luc ha fatto, è quello che avete fatto, e anche da qui ve ne siamo riconoscenti.

Domenica, se i Francesi lo vorranno, si potrà porre fine (almeno da voi) alla più grande e tragica delle ipocrisie politiche contemporanee: che l’alternativa possa essere solo tra un vasto centro servo del mercato e una destra ormai racchiusa nel tribalismo nazionalista.

Grazie a voi, la Sinistra esiste. Una Sinistra che non è nostalgica, ma tenacemente proiettata verso il futuro. Una Sinistra che ha saputo accogliere e creare idee nuove. Che ha saputo riappropriarsi pienamente dei temi economici, dopo essere stata per oltre trent’anni succube del pensiero liberale, rimasto per troppo tempo pensiero unico. Una Sinistra che dopo anni di divisioni, ha saputo ritrovarsi (almeno in grande parte). Popolare, Ecologista, Sociale. 

Essendo cittadini di un altro Paese, domenica non potremo votare per voi. Eppure speriamo. Speriamo che i giovani, ed in particolare i giovani astensionisti, colgano questa occasione per cominciare, perlomeno, a fare un po’ di pulizia del vecchio mondo. Incrociamo le dita per Rachel, autentico simbolo di queste elezioni (donna, di colore, cameriera) che affronta il secondo turno in posizione favorevole, dopo avere combattuto con le sue colleghe per la loro dignità sul luogo di lavoro.

Rachel Keke (dal web)

Le incrociamo per Stéphane, il panettiere. E per tutti quelli, ricchi o poveri, donne o uomini, che hanno fatto lunghi studi oppure no, per tutti coloro che mettono la loro differenza (e la loro faccia) al servizio del movimento collettivo. Le incrociamo per la Sinistra, per l’Europa, ed anche per l’Italia.

Allora, di cuore, grazie. Grazie di avere dimostrato, in questi quasi quindici anni, che si può fare.

Che dove la paura divide gli individui, lì la speranza costruisce la forza collettiva.

Un altro mondo è possibile. In bocca al lupo!


Chers amis de la Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale (NUPES),

Même de ce côté des Alpes nous suivons votre action avec attention, intérêt et une pincée d’admiration durant cette campagne électorale pour les élections législatives françaises.

On imagine sans peine à quel point votre parcours, et notamment celui de Jean-Luc Mélenchon, a dû être difficile. Rares sont les politiciens (et les gens en général) qui risquent leur carrière et leur confort pour suivre leurs convictions. C’est ce qu’a fait Jean-Luc, c’est ce que vous avez fait, et même d’ici nous vous sommes reconnaissants.

Dimanche, si les Français le souhaitent, il sera possible de mettre un terme (au moins par vous) à la plus grande et la plus tragique des hypocrisies politiques contemporaines : que l’alternative ne peut être autrement qu’entre un vaste centre asservi au marché et une droite enfermée dans le tribalisme nationaliste.

Grâce à vous, la Gauche existe. Une Gauche qui n’est pas nostalgique, mais projetée avec ténacité vers l’avenir. Une Gauche qui a su accueillir et créer de nouvelles idées. Laquelle a su se réapproprier pleinement des enjeux économiques, après avoir été assujettie à la pensée libérale, restée trop longtemps pensée unique, pendant plus de trente ans. Une gauche qui, après des années de divisions, a su se retrouver (du moins en grande partie). Populaire, Ecologique, Sociale.

En tant que citoyens d’un autre pays, nous ne pourrons pas voter pour vous dimanche. Pourtant, on espère. Nous espérons que les jeunes, et surtout les jeunes abstentionnistes, saisiront cette occasion pour commencer, au moins, à faire un peu de ménage dans l’ancien monde.

On croise les doigts pour Rachel, authentique symbole de ces élections qui affronte le second tour en position favorable, après s’être battue avec ses collègues pour leur dignité au travail. On les croise pour Stéphane, le boulanger. Et pour tous ceux, riches ou pauvres, femmes ou hommes, qui ont fait de longues études ou non, pour tous ceux qui mettent leur différence (et leur visage) au service du mouvement collectif.

On les croise pour la Gauche, pour l’Europe, et aussi pour l’Italie.

Alors, de tout cœur, merci. Merci d’avoir montré, au cours de ces presque quinze années, que cela pouvait se faire. Là où la peur divise les individus, l’espoir construit la force collective.

Bonne chance !