Noi che viviamo del nostro lavoro Siamo sotto attacco da anni, da parte delle classi dirigenti: manager, grandi imprese ed intellettuali al seguito:
- hanno reso precario il lavoro: ci pagano meno e hanno cancellato la maggior parte dei diritti;
- hanno ridotto le pensioni e cominciano a pagarcele molto dopo;
- hanno ridotto quantità e qualità dei lavori pubblici: crollano ponti e viadotti, le strade non sono manutenute, gli argini dei torrenti non sono controllati;
- hanno ridotto quantità e qualità dei servizi sanitari: i medici di base hanno troppi assistiti e si trasformano sempre di più in impiegati amministrativi; hanno chiuso molti ospedali pubblici ed hanno esternalizzato molti servizi di diagnosi e di terapia; i posti di pronto soccorso sono sottodimensionati;
- hanno ridotto quantità e qualità dei servizi scolastici: classi troppo numerose, troppo pochi insegnanti troppi dei quali precari ed hanno trasformato le scuole pubbliche in aziende, e le ospitano in locali fatiscenti e inadeguati;
- non fanno funzionare gli uffici pubblici: gli impiegati vanno in pensione e non vengono sostituiti da giovani, in più i nuovi assunti non vengono né selezionati né formati; così i controlli non si possono fare e quando fatti sono fatti in modo sbilanciato e iniquo;
- le università pubbliche sono impoverite e lasciate nelle mani di baroni che gestiscono l’ingresso dei giovani; moltissimi dei nostri migliori giovani ricercatori vanno all’estero;
- aumentano le sovvenzioni per le imprese e poi tante di queste spostano gli impianti all’estero e chiudono gli stabilimenti, licenziando il personale;
- aumentano la spesa militare e mandano armi in teatri di guerra, senza lavorare per la pace;
- mantengono imposte e tasse ingiuste sui lavoratori e sui piccoli negozianti e riducono le imposte sui più ricchi e sulle grandi imprese;
- ignorano le ingiustizie nel mondo in Palestina, Iran, Turchia, e ignorano gli attacchi alla libertà come a Cuba e in Venezuela. L’unico criterio di valutazione è la volontà degli USA, o in subordine, la volontà delle burocrazie Europee espressione delle cultura dell’arbitrio dei mercati.
Come si vede è difficile rispondere a tutti gli attacchi: ci sono arrivati da tutte le parti e su mille punti diversi.
Dobbiamo cambiare schema: ottenere una società armoniosa in cui tutti abbiano pari opportunità e in cui nessuno sia abbandonato alla miseria.
Per farlo c’è bisogno – adesso- di un’organizzazione che ci rappresenti e che funzioni. Non abbiamo bisogno di uomini o donne della provvidenza, abbiamo bisogno di coordinarci e di farci avanti tutte e tutti, mettendo da parte le differenze di metodo, per trovare modi di lotta che ci mettano d’accordo e focalizzando la nostra attenzione sulle priorità.
Non lasciamo che continuino a spogliarci di tutto.