La fantasia lessicale di chi vuole propalare sempre le stesse false soluzioni e favorire privati che vogliono lucrare sui 2 milioni ed oltre di oggetti e materiali a fine vita (lasciamo il termine dispregiativo rifiuti agli speculatori) prodotti in Sicilia sembra proprio senza limiti di vergogna. Si abbandona finalmente il termine truffaldino termovalorizzatore – forse perché si comincia a capire che non si valorizza un fico secco ma si sprecano preziose materie prime seconde – per introdurre il neologismo termoutilizzatore, lasciando intendere che si sia trovato un metodo per utilizzare i nostri scarti, quando invece altro non è che un inaccettabile spreco di risorse comuni. C’è un solo termine preciso, esaustivo ed universalmente riconosciuto ed accettato: inceneritore, cioè una costosa macchina che trasforma i materiali in ceneri (scorie solide, rifiuti speciali pericolosi) o gas (cancerogeni, tossici, nocivi e nella migliore delle ipotesi climalteranti), per produrre una minima parte di energia elettrica ed una grande quantità di calore, che va sprecato.
Come molte altre volte questa associazione ha notato, l’emergenza rifiuti in Sicilia è legata alla penuria di impianti ed alla pressoché totale assenza di interventi pubblici. Ciò ha origine nella incapacità regionale di elaborare una strategia per decidere come valorizzare i materiali dismessi, cioè una visione ampia ed ispirata del futuro della Sicilia. La scelta è essenzialmente fra due opzioni: a) la gestione a freddo con il recupero di oggetti e materie prime secondarie da reimmettere nel ciclo produzione-consumo (economia circolare) e b) smaltimento tramite discarica (b1) o incenerimento (b2). L’Europa, che importa il 60% delle costose materie prime necessarie al suo sistema industriale, materie prime che dopo il consumo sono andate e vanno ancora distrutte, ha da tempo (2014) scelto la prima opzione. Ma in Sicilia il governatore Musumeci e la sua giunta non vogliono arrendersi all’evidenza.
L’ Europa ed il TULA (dlgs 152/2006) prevedono che la gestione degli scarti segua la cosiddetta piramide rovesciata, una gerarchia cogente di interventi: 1) Prevenzione, 2) Preparazione per il riutilizzo; 3) Riciclo; 4) Recupero di alto tipo e 5) Smaltimento. Visto che di gerarchia si tratta, non è consentito il recupero energetico (4), né tantomeno il conferimento in discarica (5) senza che non vengano puntualmente e prioritariamente attuati provvedimenti per la riduzione degli scarti (1), del riuso e recupero (2), e della decostruzione degli oggetti per recuperare materie prime secondarie (3). Pensare di gestire i rifiuti partendo dal basso pertanto non è solo concettualmente sbagliato, è anche contro la legge. Ed a questo serve portare la regione in emergenza: a violare la legge. Ovvero cedono ad altre pressioni.
Zero Waste Sicilia vuole ribadire alcune considerazioni, concrete e non ideologiche, riguardo l’opzione fantasiosa termoutilizzo. L’emergenza odierna non può essere risolta dagli inceneritori:
1) Perché per costruirli ci vorrebbero almeno 5 anni, mentre da oggi i rifiuti vanno esportati;
2) Perché dal 2025 l’Europa vieterà l’incenerimento di tutti i materiali compostabili, recuperabili e riciclabili;
3) Perché più materiali vanno all’incenerimento, meno ne resta per il recupero delle materie prime seconde;
4) Perché è falsa (e spesso in malafede) l’opinione che dove ci sono gli inceneritori la RD è più alta: infatti non c’è alcun nesso casuale fra alti livelli di RD ed incenerimento;
5) Perché un inceneritore è insostenibile economicamente, da quando l’Europa ha vietato gli incentivi;
6) Perché dopo l’incenerimento, emissioni gassose a parte, una frazione che va dal 22 al 27% sono le scorie che vanno smaltite a costi quadrupli in discariche speciali;
7) Perché con una seria prevenzione dei rifiuti, magari introducendo subito la tariffa puntuale, e con politiche di riuso e recupero spinte, obbligatorie per legge, la frazione di RSU da smaltire sarebbe irrisoria;
8) Perché è ridicolo costruire 2 grossi inceneritori in Sicilia, mentre se si procedesse subito secondo le indicazioni del punto 7 tali impianti rischierebbero di restare semi vuoti, e comunque lo sarebbero entro dieci anni per legge.
Per non dire che il programma elettorale di Musumeci nel 2017 sui rifiuti prevedeva 7 punti fra cui riduzione (punti 2 e 5), incremento degli impianti di compostaggio (punto 4), massimizzazione della filiera del riciclo (punto 6). Cioè nessun incenerimento né termoutilizzo. Solo promesse elettorali per il popolo “ammuccalapuni”?
Quando capiranno i nostri amministratori che la riduzione degli scarti è il prioritario ed ineludibile step per la salvezza del nostro territorio? Per gestire gli oggetti e i materiali a fine vita non ci vogliono mega impianti tecnologici, ma AMORE per quest’isola e politica sana e lungimirante.
Beniamino Ginatempo, pres. di
Zero Waste Sicilia – Associazione di Volontariato
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