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QuieteRAI

Tanti i post relativi alla denuncia pubblica di Fedez.

Abbiamo un’idea precisa del mondo della politica e un po’ anche del mondo dei grandi burocrati, contiguo a quella. Sappiamo che la politica è governata da una sorta di etica tribale per cui il tuo clan va sempre e comunque difeso, mentre bisogna approfittare delle defaillances degli altri clan.

Il burocrate obbedisce agli ordini della parte politica cui deve il proprio ruolo e, se può evitare di assumere posizioni nette contro gli altri politici, cerca di evitare i guai, alla ricerca di un quieto vivere tanto agognato quanto improbabile in posizioni desideratissime e quindi invidiatissime.
Insomma evita di farsi (altri) nemici.

Oggi sono quasi tutti pronti a lapidare i funzionari della RAI che hanno provato ad esercitare il pessimo tentativo di censura preventiva denunciato da Fedez e altrettanti lodano la libertà ed il coraggio del cantante.

E da un po’ di tempo che nutriamo un certo disagio di fronte al consenso generale, specie rispetto ai fatti e agli atti clamorosi

I laudatori chi sono? Di norma che comportamenti tengono? Si astengono dall’esercitare il proprio potere sulla RAI?
Oppure stanno solo attaccando i vertici della RAI, espressi a suo tempo dalla Lega?

Mi sembrano molto più interessanti i commenti di Sigfrido Ranucci e di Beppe Giulietti, che liberamente interpretiamo così: un sistema ingessato in RAI c’è e va rimosso, perché la RAI è l’azienda culturale più importante del Paese. E Fedez, ma non solo lui, va lasciato lasciato parlare liberamente, anche quando dice cose che non piacciono ai nostri amici.

In definitiva la Lega deve togliere le proprie grinfie dalla RAI, ma non a favore di PD e M5S, a favore della qualità del pubblico. Si può fare?

Se così fosse sempre, si parlerebbe molto di più della sostanza delle cose e non solo di ciò che vuole la politica. E proposte di legge sacrosante come il ddl Zan sarebbe già legge, come avviene in tanti paesi dell’Occidente più avanzati del nostro.

Dalla preistoria ad oggi.

La mentalità maschilista o patriarcale, o come la si voglia chiamare, ha un mucchio di cultori e anche tanti che possono coltivare il maschilismo da inconsapevoli. Tanti da far passare per velleitaria e fuori luogo la rivendicazione di pari rispetto per l’identità femminile.

Il suprematismo virile ha manifestazioni galanti, come il dare la precedenza alle donne nei passaggi, ha manifestazioni viscide, come l’indifferenza verso il diverso destino professionale delle colleghe; ha manifestazioni arroganti, come la diversa morale pubblica in campo sessuale. Sappiamo tutti e tutte che nessun uomo ha più diritto di una donna a praticare sesso occasionale. Altrettanto sappiamo che per un uomo è meno rischioso cambiare idea all’ultimo momento. Fa premio la forza fisica.

Eppure se una donna denuncia uno stupro, va incontro ad una via crucis di apprezzamenti e considerazioni tali da sconsigliare la denuncia. Una denuncia per stupro, va accertata e qualsiasi imputato è innocente fino alla condanna passata in giudicato. La domanda è: perché ogni donna sarebbe una colpevole tentatrice fino alla condanna dello stupratore (e magari anche dopo?).

Questo stato di cose è insopportabile. Lo diventa ancora di più quando l’accusato e i suoi supporter sono potenti e arroganti.

Però andiamoci piano con lo sdegno. Sa troppo di deresponsabilizzazione. Prima chiediamoci quanto siamo distanti da questa mentalità.

Non basta un giorno all’anno!

Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah.

Sono i nomi delle 10 donne vittime di femminicidio in questi primi due mesi del 2021: un dato purtroppo in crescita rispetto allo scorso anno quando 81 uccisioni su 91 sono state commesse nell’ambito familiare e, di queste, 51 all’interno della coppia.

Nella fase del lockdown dello scorso anno il numero di chiamate al centralino antiviolenza messo a disposizione dal Dipartimento Pari Opportunità  – 1522 – è notevolmente aumentato ma le denunce alle forze dell’ordine sono diminuite probabilmente a causa dell’impossibilità di trovare soluzioni alternative data l’impossibilità di movimento; da Marzo a Maggio la percentuale di donne che hanno presentato denuncia è passato dal 16,6 al 12,9.

Non basta un giorno all’anno per ricordare le donne vittime di violenza! Non bastano le associazioni femminili che costantemente denunciano un fenomeno purtroppo in crescita; occorre attivare percorsi educativi, a partire dalle scuole, affinchè la parità di genere, non solo nell’ambito del lavoro, faccia parte a pieno titolo della nostra cultura.

Occorre che anche gli uomini si mobilitino e, a fianco delle donne, dicano che l’amore è rispetto e non possesso e che nessuno è padrone della vita altrui.

Se non ora, quando?

Con la speranza di un mondo migliore

Il 10 Dicembre 1948, l‘Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani promuovendo la libertà di tutti gli individui.  Il tema dei diritti umani, specialmente quelli femminili, non viene affrontato allo stesso modo da tutte le culture; da anni, Amnesty International si batte per  le discriminazioni di ogni tipo e genere. Il World Economic Forum (Global Gender Gap Report 2016) afferma che le donne arabe soffrono per la loro condizione di esser nate donne.

Nonostante tutto, il coraggio delle donne è immenso, come dimostra la storia di Loujain al-Hathloul. Nel 2011, la ragazza ha fondato con altre donne un‘associazione “Women to drive”. È un movimento sociale delle donne saudite che chiede il diritto di guidare le auto e poter svolgere attività quotidiane senza avere un accompagnatore maschile (tipicamente, è sempre un familiare di una donna). Dobbiamo ringraziare Loujain, per la sua tenacia e il suo coraggio perché, per i suoi diritti negati, ha affrontato 1000 giorni di carcere subendo torture e maltrattamenti.   È stata arrestata con l‘accusa di spionaggio con Paesi nemici dell‘Arabia Saudita, anche se la sua unica colpa è quella di aver chiesto la rivendicazione dei diritti di uguaglianza. È scattata una mobilitazione internazionale e soprattutto dell‘America, con la nuova amministrazione Biden; la donna è stata scarcerata il 10 Febbraio 2021 anche se con alcune condizioni tra le quali il divieto di uscire dall‘Arabia Saudita per 5 anni.  Anche se qualche passo avanti si è fatto, si pensi all‘ottenimento del permesso di guidare e a partire dal 27 Settembre 2019, l‘Arabia ha aperto al turismo internazionale permettendo ai visitatori italiani di ottenere un visto elettronico,  dobbiamo tener presente che non vi può essere ricchezza e prosperità di una Nazione senza diritti; entrambe le questioni sono inscindibili.

Con la speranza di un mondo migliore, ognuno di noi deve essere sempre vigile e non abbassare mai la guardia di fronte alle ingiustizie.

Lilla Sala

Il Grafene – lo stato dell’arte

Il grafene è uno strato monoatomico di atomi di carbonio organizzati secondo una struttura cristallina a celle esagonali. 

la struttura del grafene

Quando gli atomi di carbonio si legano in maniera casuale, si ottiene la grafite, quella delle matite. Quando invece si legano in maniera ordinata in strutture tridimensionali, abbiamo il diamante. Il grafene ha una struttura ordinata, ma a due dimensioni: si tratta infatti di un “foglio” dello spessore di un singolo atomo (monoatomico). Un materiale dalle proprietà fantascientifiche che fu scoperto per caso nel 2004 in un laboratorio inglese, quando due scienziati cercavano di ottenere uno strato di grafite più sottile possibile. Tale struttura può essere considerata come la struttura di base per la costruzione di tutti gli altri materiali grafitici noti come il fullerene (0D) e i nanotubi di carbonio (1D).

Studi teorici risalenti a più di sessant’anni fa (i primi lavori risalgono al 1947) hanno dimostrato che il grafene, per via della particolare geometria del sistema e della configurazione elettronica del carbonio, possiede una struttura, con caratteristiche meccaniche, oltre che elettroniche, eccezionali.

Il grafene ha la possibilità intrinseca e unica di diventare una tecnologia rivoluzionaria grazie alle sue proprietà fisiche che si traducono in vantaggi potenziali nei più grandi settori industriali nelle aree dell’ICT, dell’energia, dei trasporti, della scienza dei materiali e della salute.

Il grafene potenzialmente può essere alla base di nuove tecnologie che contribuiranno, ad esempio, a una maggiore qualità della vita per una popolazione che invecchia attraverso nuovi hardware, migliorando l’efficienza delle risorse attraverso la sostituzione di metalli e materiali scarsi, mitigando gli effetti del cambiamento climatico attraverso dispositivi ad alta efficienza e materiali leggeri e promuovendo una sicurezza energetica per la società attraverso la nuova tecnologia di immagazzinamento dell’energia.

Ad esempio, le innovazioni nelle tecnologie dei materiali e dei compositi hanno un impatto diretto sui trasporti (aerospaziale, automobilistico) e sulla salute; l’introduzione del grafene nello stoccaggio e nella generazione di energia è potenzialmente di fondamentale importanza per l’energia e i trasporti; e i sensori basati sul grafene hanno una moltitudine di applicazioni in salute, trasporti, energia e ambiente. L’industria automobilistica potrebbe sfruttare il grafene nei sensori, nei materiali compositi e nell’accumulo di energia in un futuro relativamente prossimo. Nuovi compositi, batterie e supercondensatori più efficienti e nuovi tipi di sensori sono esempi di tecnologie che, a loro volta, miglioreranno le applicazioni nei più svariati campi di impiego.

Alcuni esempi di applicazioni innovative dove il grafene potrà essere determinante nel prossimo futuro:

• Grazie alla possibilità di creare “buchi” nella sua struttura, può diventare un depuratore d’acqua o un filtro per l’aria. Oppure una parete molecolare che imita la membrana delle cellule, e quindi fa passare solo alcune sostanze.

•La sua conduttività elettrica (è meglio del rame) lo può rendere una minuscola lampadina o una retina bionica, ma soprattutto stravolgerà il mondo dell’informatica.

• Utilizzando fogli di grafene, sono state realizzate costruzioni spugnose in 3D, 10 volte più dure dell’acciaio e decisamente più leggere. Ed è proprio per questo connubio fra resistenza e leggerezza che il grafene è stato indicato come possibile materiale per futuribili applicazioni.

• Elettronica stampabile e flessibile. Questo campo si sta sviluppando rapidamente e si prevede che emergerà come un’alternativa o un complemento alle tecnologie di produzione elettronica convenzionali. Le proprietà elettroniche e ottiche del grafene, combinate con la possibilità di essere incorporato in inchiostri e formulazioni, dovrebbero migliorare le prestazioni del dispositivo in una varietà di applicazioni elettroniche stampate. Ci si può aspettare dispositivi e sistemi elettronici versatili e a basso costo, con nuovi interessanti attributi come elasticità e flessibilità, combinati con il potenziale di integrazione in altri materiali come i tessuti e la plastica.

• A causa della grande mobilità e dell’elevata velocità di saturazione dei portatori di carica nel grafene, i dispositivi in grafene sono estremamente promettenti per l’elettronica ad alta frequenza.

• Componenti fotoniche e plasmoniche. La combinazione di proprietà ottiche ed elettroniche uniche del grafene e dei materiali bidimensionali crea nuove caratteristiche che sono state studiate solo in misura molto limitata fino ad ora. Verranno esplorate diverse potenziali applicazioni come sensori, fotorilevatori e fotovoltaico. Studi preliminari suggeriscono che è possibile ottenere celle solari più efficienti e fotorilevatori a maggiore reattività utilizzando il grafene.

• Sistemi optoelettronici integrati. Il grafene ha proprietà ottiche straordinarie e sintonizzabili che possono essere sfruttate in applicazioni optoelettroniche e di visualizzazione. Sfruttando i progressi previsti nell’area elettronica stampabile e flessibile, il grafene può consentire nuovi approcci alle integrazioni di sistema per combinare, ad esempio, display flessibili e robusti con altre funzioni come backplane elettronici, batterie flessibili, antenne stampate e touchscreen.

• Altri materiali e componenti 2D. Altri materiali bidimensionali completano il grafene e possono essere combinati con esso per personalizzare strutture sandwich con caratteristiche superiori in dispositivi elettronici e applicazioni di materiali.

• Compositi di grafene. I compositi a base di grafene aprono nuove possibilità nelle applicazioni automobilistiche, aerospaziali e dei dispositivi medici. I materiali compositi in grafene possono essere impiegati in strutture che sono anche autodiagnostiche, cioè in grado di monitorare la propria integrità strutturale. Inoltre, la dispersione del grafene negli inchiostri e nelle formulazioni migliorerà le proprietà ottiche e meccaniche in un’ampia gamma di vernici e materiali di rivestimento.

• Supercondensatori e batterie. Nuovi supercondensatori e batterie a base di grafene vengono sviluppate già oggi per la loro potenziale maggiore densità di energia. Questi dispositivi di accumulo di energia fornirebbero tecnologie abilitanti chiave non solo nel settore dell’elettronica portatile e di consumo, ma anche in qualsiasi altro campo che richieda soluzioni di accumulo di energia efficienti, come auto elettriche e veicoli di trasporto pubblico elettrici.

• Sensori. La sottigliezza e l’ampia superficie del grafene, combinate con la capacità di funzionalizzare una superficie di grafene, offrono una piattaforma ideale per applicazioni di sensori biochimici.

Claudio Colletti

Laureato in Ingegneria Chimica all’università di Palermo, dove ha conseguito anche il Dottorato in Tecnologie Chimiche e dei Nuovi Materiali.

Ambientalista da sempre, lavora nel project management nel campo delle energie rinnovabili.

 

In direzione ostinata e precaria

Andiamo al punto: “precario”, aggettivo, contrassegnato da una provvisorietà costantemente minacciata dal sopraggiungere di eventi pericolosi o addirittura catastrofici, dal latino “precarius” ovvero “ottenuto con preghiere”.

Come direbbe una vecchia pubblicità, basta la parola. Basterebbe, la parola.

E invece no, perché la condizione di pericolo (e la sensazione di pericolo) dipende dall’insieme del contesto in cui le minacce si sviluppano.

Guidare l’automobile è oggettivamente pericoloso. I morti sulla strada si contano a migliaia ogni anno solo in Italia. Eppure lo è meno se si guida a mente lucida invece che sotto l’effetto di alcool e droghe, e se si rispetta il codice della strada invece che scambiare ogni vicolo della città per un circuito da corsa. E nel momento in cui ci si mette alla guida ubriachi, quella vita diventa precaria per quel tempo. E spesso si spezza, mettendo fine alla sua naturale provvisorietà.

Se pensiamo alla vita di un essere umano “normale”, è chiaro come essa sia in fondo la ricerca di prospettive, di certezze, con cui bilanciare questo essere provvisori. Si cerca di costruire famiglie, affetti, reti sociali. Ci si lega a un luogo, per nascita o per scelta. E si rende sostenibile il tutto tramite un progetto di relativa solidità economica, progetto che occupa e struttura la nostra vita dall’infanzia fino all’ingresso nell’ultima delle età. Questa stabilità, nell’immaginario collettivo, si lega al lavoro.

Eppure, questa è una illusione ottica. Esistono molte persone che hanno lavori strutturalmente instabili senza per questo cadere nella precarietà: il singolo lavoro è provvisorio ma le prospettive di reddito non lo sono, in quanto le loro figure sono sufficientemente richieste (e la loro rete di relazioni sufficientemente robusta) da permettere loro di avere sempre nuove opportunità. Questi sanno che ricadranno comunque in piedi.

Il precario, non lo sa.

Perché magari ha anche un contratto a tempo indeterminato, cioè non sa quando sarà licenziato, ma sa che lo sarà al primo colpo di vento.

Sa che gli potrà essere imposto un trasferimento a centinaia (se va bene) chilometri di distanza, rendendo precari i suoi luoghi ed il sistema di relazioni che a quel luogo è legato.

E sa che non può offrire nessun progetto solido, nessuna prospettiva davvero rassicurante alle persone che decidono di condividere la sua vita. Ai suoi figli, quando un momento di folle ottimismo ne ha generati.

Il precario non può fare progetti, perché è schiavo della sopravvivenza presente.

Il precario non può legarsi a nulla, perché non può fermarsi in alcun luogo.

Il precario non può sperare nulla, perché non può darsi una direzione.

A lui, non resta che “pregare”.

Essere precario è una condizione di vita. Anzi, di esistenza. Vivere, è un’altra cosa.

Questo è il nostro mondo, diviso sempre più nettamente tra chi è “dentro” e chi è “fuori”. E se una volta solo i secondi erano precari, ora in fondo lo sono anche i primi, sempre più assillati dall’ansia di diventarlo.

Lavori precari. Affetti precari. Amicizie precarie. Famiglie precarie. Luoghi precari.

Ma sempre col sorriso sulle labbra, facendo finta di essere stabili.

Per non farsi riconoscere come pericolo dagli altri.

Per non perdere almeno l’illusione (precaria anch’essa) che anche oggi, forse, domani succederà qualcosa.

Claudio Pirrone

Palermo protesta magistrati onorari (precari)

 

LEGGE 194/78 – UNA LEGGE PER LA VITA

Sono passati quasi 43 anni da quando, il 22 maggio 1978, la Legge 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” ha abrogato gli articoli del codice penale che fino ad allora definivano l’aborto come un reato e imponevano pene anche molto elevate.

Anche prima dell’entrata in vigore della Legge sull’interruzione volontaria della gravidanza ( I.V.G) l’aborto esisteva, solo che lo si praticava dalle “mammane” spesso a costo della vita stessa delle donne; un aborto come scelta sofferta, spesso come unica scelta, col dolore di chi magari quella maternità in altra situazione l’avrebbe portata a termine. No, la 194 non è la legge per facilitare l’aborto, bensì per una maternità libera e consapevole.

Ancora oggi, come dimostrano le foto che pubblichiamo, i sedicenti Movimenti pro vita ( come se quelli che sostengono l’applicazione della legge 194 fossero contrari alla vita) manifestano in nome di una presunta difesa della vita, ben sapendo che tale difesa della vita può essere fatta efficacemente con Consultori che funzionano realmente e non sulla carta, presenti su tutto il territorio nazionale, come dimostrato dai dati contenuti nella relazione 2020 del Ministero della Salute, secondo i quali in Italia ci sono solo 1897 consultori pubblici e 135 privati

Il prologo dell’art. 1 della Legge 194 così recita:

Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.

L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.

Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.

Riportiamo di seguito i dati definitivi relativi al 2018 presentati nel 2020 dal Ministero della Salute

In totale nel 2018 sono state notificate 76.328 IVG, confermando il continuo andamento· in diminuzione del fenomeno (-5,5% rispetto al 2017) a partire dal 1983. Questo è il quinto anno in cui è stato notificato un totale di IVG inferiore a 100mila casi; il numero delle IVG è più che dimezzato rispetto ai 234.801 casi del 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia.

Un altro dato importante anche ai fini del potenziamento delle strutture socio-sanitarie è dato dai luoghi preposti alla certificazione dell’IVG:

44,1% certificazione tramite Consultorio

20,8% certificazione tramite il medico di fiducia

31,4% certificazione tramite il servizio ostetrico ginecologico

3,8% certificazione tramite altra struttura sanitaria

Secondo una recente indagine promossa dal Ministero della Salute (CCM Azioni centrali 2017) e coordinata dall’ISS, il consultorio non offre solo questo servizio ma svolge un importante ruolo nella prevenzione dell’IVG e nel supporto alle donne che decidono di interrompere la gravidanza, dal counselling prima della procedura ai controlli medici e il counselling contraccettivo post-IVG, anche se non in maniera uniforme sul territorio. È importante ricordare che un obiettivo della politica sanitaria italiana, secondo l’Accordo Stato-Regioni del dicembre 2010, prevede, ad esempio, una riorganizzazione dei punti nascita  con la chiusura di quelli in cui si effettuano meno di 500 parti l’anno: è così che si tutela la maternità?

Tutti gli indicatori presenti nella relazione del Ministero della Salute del 2020 confermano il trend in diminuzione: il tasso di abortività (N. IVG rispetto a 1.000 donne di età 15-49 anni residenti in Italia), che è l’indicatore più  accurato per una corretta tendenza al ricorso all’IVG, è risultato pari a 6,0 per 1.000 nel 2018, con una riduzione del 4,0% rispetto al 2017 e del 65,1% rispetto al 1982.

Dati relativi all’Interruzione Volontaria di Gravidanza

Il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale.  Il rapporto di abortività (N. IVG rispetto a 1000 nati vivi) è risultato pari a 173,8 IVG per 1000 nati vivi nel 2018 (17,4 per 100 nati vivi), con un decremento dell’1,9% rispetto al 2017 e del 54,3% rispetto al 1982. La lettura dei dati relativi al rapporto di abortività nel tempo deve tener conto del persistente calo della natalità in Italia. In particolare, dal 2017 al 2018 i nati della popolazione presente sul territorio nazionale sono diminuiti di 16.698 unità.

Qui occorrerebbe fare alcune riflessioni come, ad esempio, se una delle cause per la riduzione della natalità non derivi anche dalle difficoltà lavorative delle donne o dalle difficoltà economiche ed abitative del nucleo famigliare: cosa dicono i movimenti pro-vita rispetto a queste problematiche? Qualche proposta pratica? Nulla! Solo manifesti osceni che colpiscono la sensibilità di quelle donne che hanno dovuto ricorrere all’IVG non come sistema di regolazione delle nascite ma come unica strada possibile!

In conclusione, la Legge 194 ha consentito l’emersione degli aborti clandestini salvando la vita a molte donne che vi facevano ricorso; ha favorito la nascita e l’affermarsi su tutto il territorio nazionale dei Consultori e ha riconosciuto il diritto ad una maternità libera e consapevole.

 

Anagrafe Antifascista

Aderiamo all’iniziativa di www.anagrafeantifascista.it e diamo disponibilità a dare una mano per la raccolta delle firme. Per noi il giorno della memoria è ogni giorno. NORME CONTRO LA PROPAGANDA E LA DIFFUSIONE DI MESSAGGI INNEGGIANTI A FASCISMO E NAZISMO E LA VENDITA E PRODUZIONE DI OGGETTI CON SIMBOLI FASCISTI E NAZISTIRELAZIONE Da anni assistiamo impassibili al proliferare dell’esposizione ovunque, di simboli che richiamano a fascismo e nazismo, frutto di anni di sottovalutazione del fenomeno del ritorno di queste ideologie che mai come oggi sono pericolose. Il ‘Rapporto Italia 2020’ dell’Eurispes ci dice che dal 2004 ad oggi è aumentato il numero di chi pensa che la Shoah non sia mai avvenuta: erano solo il 2,7% oggi sono il 15,6%, mentre sono in aumento, sebbene in misura meno eclatante, anche coloro che ridimensionano la portata della Shoah dall’11,1% al 16,1%. Inoltre, secondo l’indagine, riscuote nel campione un “discreto consenso” l’affermazione secondo cui “Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio” (19,8%). Con percentuali di accordo vicine tra loro seguono “gli italiani non sono fascisti ma amano le personalità forti” (14,3%), “siamo un popolo prevalentemente di destra” (14,1%), “molti italiani sono fascisti” (12,8%) e, infine, “ordine e disciplina sono valori molto amati dagli italiani” (12,7%). In compenso secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Per meno della metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo. Nella scorsa legislatura solo un ramo del Parlamento aveva approvato una proposta di legge che sanzionava coloro che colpiva coloro che propagandavano le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco. Questa proposta di legge riprende quelle finalità e aggiunge alcune ulteriori aggravanti per l’esposizione di simboli fascisti e nazisti nel corso di eventi pubblici. Qualcosa sta accadendo: i media trasudano da anni di notizie che era giusto considerare allarmanti, vi era e persiste una crescente diffusione di razzismi e di appelli a trovare soluzioni autoritarie. Oggi riteniamo fondamentale che dal basso si riparta per riparlare dei valori della nostra Costituzione e attualizzarli: la Costituzione con la sua XII disposizione transitoria vieta la ricostituzione sotto ogni forma del disciolto partito fascista. E’ necessario, di fronte all’esposizione, la vendita di oggetti di simboli che si richiamano a quella ideologia che la normativa non lasci spazi di tolleranza verso chi si cela dietro le libertà democratiche per diffondere attraverso la propaganda, l’esposizione, la vendita di oggetti di nuovo i simboli di quel passato tragico. Ripartiamo da una iniziativa popolare dal basso per difendere la nostra Costituzione e i suoi valori. IL TESTO: Art. 1.1.Nel capo II del titolo I del libro secondo del codice penale, dopo l’articolo 293 è aggiunto il seguente: «Art. 293-bis. –(Propaganda del regime fascista e nazifascista). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi eversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici. La pena di cui al primo comma è altresì aumentata di un terzo se il fatto è commesso con modalità ed atti espressivi dell’odio etnico o razziale. All’articolo 5, primo comma, della legge20 giugno 1952, n. 645, le parole: «sino a» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a».Art. 21.Al Decreto Legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito in Legge 25 giugno 1993, n. 205, recante “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa” all’art. 2 dopo il comma 1 aggiungere il seguente: “1-bis. Qualora in pubbliche riunioni di cui al comma 1, l’esposizione riguardi emblemi o simboli riconducibili al partito fascista o al partito nazionalsocialista tedesco, la pena di cui all’art. 2 comma 1, è aumentata del doppio.

Glocal: ritorno dal web.

Gli acquisti on line non sono il futuro: con ogni evidenza sono già gran parte del presente e lo sanno benissimo sia i consumatori che i negozianti.

Il trasferimento degli acquisti su Amazon eBay, Privalia e Zalando, per citare alcune piattaforme, può avere effetti vantaggiosi per i negozianti? e per i consumatori?
È una tendenza costante o tende a subire altre modifiche?
Queste sono domande assolutamente attuali e riuscire a rispondere per tempo può fare la differenza, sia per un’attività commerciale, che per un Paese intero.

Definire risposte su questo tema diventa ancora più urgente nell’attuale stato di crisi provocato dal Covid19, anche perché a seconda della efficacia delle politiche che si potranno in essere verrà fuori un sistema economico più o meno capace di produrre benessere.

In effetti dobbiamo rilevare che a causa del massiccio e diffuso impiego del web in genere e dei social in particolare lo spostamento delle relazioni interpersonali sul cyberspazio si è generalizzato ed è divenuto trasversale alle diverse classi socioeconomiche e demografiche: ricchi e poveri, più o meno scolarizzati, più e meno giovani oggi usano molto di più incontrarsi (e scontrarsi) sul web. Scambiando notizie e sensazioni, acquistando e facendo nuovi incontri.

L’esperienza ci ha insegnato che la storia non prevede ritorni indietro durevoli e funzionanti e .
Il superamento dell’attuale fase di sviluppo del e-commerce non comporterà , il ritorno al negozio fisico puro e semplice, se non per produzioni di nicchia o per fette marginali del mercato.

Piuttosto si può immaginare che il commercio al dettaglio possa trovare una nuova fase di crescita, accogliendo in modo organico le potenzialità delle e-commerce ed innestandole sulle attività tradizionali; cercando di sommare i vantaggi dei differenti canali. Si potrà ad esempio comparare i prezzi dello stesso prodotto presso diversi venditori e si potrà, volendo, andare a toccare con mano il prodotto presso il punto di vendita fisico, magari chiedendo chiarimenti al venditore sulle caratteristiche della cosa desiderata e magari ritirandola e pagandola sul posto. Magari per avere immediatamente un oggetto che si è cercato per un regalo urgente, ad altri o a sé stessi.

Insomma c’è ancora spazio per il commercio di prossimità, se questo riesce ad inglobare e ad assimilare l’e-commerce.

Ma se quanto detto è vero cosa si può fare per evitare che i vantaggi dell’innovazione continuino ad andare tutti ai soliti noti con sedi nei paradisi fiscali?

Qui lo Stato potrebbe fare molto per i piccoli e medi commercianti, realizzando le infrastrutture immateriali per favorire il loro accostamento al commercio sul web: piattaforme web, ma anche formazione a diversi livelli e controllo della correttezza dei comportamenti.

Cosa impedisce di aggiornare opportunamente i programmi delle scuole secondarie superiori? O di impiegare l’istruzione superiore in programmi divulgativi di qualità finalizzati ad una crescita virtuosa delle tendenze in atto??

La Repubblica avrebbe tutto da guadagnare da un Paese più florido, non solo, l’ovvio incremento delle entrate fiscali per i redditi che si formerebbero sul territorio e non nei bilanci delle multinazionali. Aumenterebbe l’occupazione anche nel commercio, di prossimità,

La fine delle limitazione e dei distanziamenti resi necessari dalla pandemia del coronavirus, produrrà una forte accelerazione di tutta la vita sociale e quindi anche della vita economica. La buona politica può incidere positivamente sulla direzione che prenderà la rinascita. Se dedicherà la debita attenzione a questi aspetti. La vita che verrà presto non sarà più come quella che conoscevamo. Dipende da noi se sarà migliore oppure no.

Claudio Pirrone – Francesco Campanella

l’anno zero dell’Occidente.

La democrazia è la ritualizzazione dei conflitti sociali: le parti, portatrici di interessi contrapposti, rinunciano al confronto fisico e concordano di adottare le scelte della maggioranza, in un quadro di regole definite. Le regole garantiscono ciascuna parte che la vittoria dell’altra non comporterà la rovina dello sconfitto, per cui alla parte soccombente conviene comunque accettare la sconfitta e continuare il confronto alla ricerca della rivincita.

Quindi la democrazia funziona bene quando si rispettano le regole.

La cultura egemonica negli ultimi anni in Occidente tende a non accettare le regole e quindi tende a svuotare la democrazia della sua essenza, pur ossequiandola formalmente.

La novità portata da Trump è l’epifania di un sentire diffuso: quello per cui “al diavolo le regole. Conta solo vincere o perdere, comunque avvenga”.

In questo modo si supera l’ipocrisia soppiantandola con la più sfacciata menzogna e con l’arroganza.

In questo contesto Trump è un’eccellenza, ma non è certo solo. Il politico demagogo, che imbonisce i suoi, specie quelli culturalmente più inermi, oramai è presente in tutti gli schieramenti ed in tutti i paesi. Anche nel nostro, certo.

Renzi, le cui affermazioni durano quanto l’alito che gli dà suono, Grillo, capace di affermazioni distruttive, dissimulate con la risata carnascialesca, non sono migliori di Salvini che ha coltivato il razzismo, fino a farlo fruttificare, della Meloni fautrice feroce della famiglia tradizionale, per gli altri.

Oramai il politico urlatore, arrogante e piagnone insieme è quasi uno stereotipo. Che nostalgia di quelli noiosi di un tempo.

Ma il problema più grande sono le politiche adottate, che nell’insieme aumentano le diseguaglianze e distruggono la mobilità sociale. E queste politiche, con sfumature diverse le adottano tutti.

Le politiche antipauperiste le adottano anche i politici più professionali, quelli che si mostrano misurati, ma di tanto in tanto cedono al mainstream e diventano fornitori di motovedette alla Libia, precarizzatori del lavoro, chiuditori di ospedali, autonomisti differenziati, fautori delle imposte indirette.

L’unica salvezza è un popolo che si emancipa e diventa adulto, che ritrova la coscienza di classe in un mondo che gli hanno descritto come liquido, che ricomincia a studiare e così a rivendicare.

Non è semplice e non è veloce, anche perché questo popolo, polverizzato dall’individualismo della competizione, pare tenuto così a bella posta: un popolo senza comunità, senza corpi intermedi che possano strutturarlo. Non liquido. Liquefatto. 

Francesco Campanella
(pubblicato anche su Huffington post)