La rabbia e la sofferenza.

La rabbia può essere una cattiva consigliera e ciò che è accaduto a Bologna e a Roma lo prova.
L’uccisione di Ramy da parte di carabinieri in servizio in una periferia milanese abbandonata e fatta oggetto di atti di razzismo ha scatenato la rabbia di molti giovani: non a Milano dove invece le manifestazioni sono state del tutto pacifiche, anche secondo l’invito della famiglia del ragazzo.
Ma la rabbia c’è e si è manifestata. E va detto chiaramente che i disordini si devono condannare, ma anche che occorre individuarne le cause.

Girare la testa dall’altra parte liquidando ciò che è accaduto come frutto di facinorosi, non solo non affronta il problema ma rischia di ingigantirlo sempre più.

L’atteggiamento repressivo di questo governo, le sua filosofia securitaria che si manifesta nella sua produzione normativa e nelle manganellate agli studenti che manifestano per la liberazione della Palestina o per gli affitti troppo cari dei posti letto o per gli stipendi da fame (vedere riders) devono essere temi sui quali non ce la si può cavare con una semplice alzata di spalle o alzando la voce.
Devono essere messi al centro dell’azione politica, sociale, culturale se non vogliamo che le occasioni di scontro, anche fisico, diventino quotidiana normalità.
A meno che non sia questo governo a cercare l’incidente, per giustificare restrizioni delle libertà civili e politiche.